Non tutte le pizze sono uguali: Enzo Coccia spiega le differenze

di Enzo Coccia

Oggi scrivo il terzo articolo dedicato alla “saga sul menù” perché, dopo averle studiate, pensate e proposte ai clienti, arriva il momento di preparare le pizze.

Vorrei infatti fare alcune considerazioni su come una portata, in questo caso la pizza, può diventare un piatto eccellente o pessimo utilizzando gli stessi ingredienti, allo stesso momento e con le stesse attrezzature.

Per una maggiore comprensione farò alcuni esempi su tre tipi di pizza napoletana che sono tra le più richieste dai clienti: la marinara, la margherita e la margherita con melenzane.

Una brevissima analisi permetterà di cogliere alcune differenze sostanziali che però incidono profondamente sulla qualità dell’offerta proposta.

Una semplice margherita con fior di latte può essere sublime al gusto o terribilmente pessima al palato. Tutti noi conosciamo gli ingredienti che compongono la margherita ma se ci soffermiamo con uno studio attento e preciso sul singolo ingrediente utilizzato nella fase di preparazione troviamo delle differenze enormi che incidono fortemente sulla qualità. Prendiamo per esempio il fior di latte: se il fior di latte è tagliato troppo spesso, con le alte temperature che raggiunge il forno napoletano (435-465 per trasmissione di energia termica per convenzione) questo non fila. Se invece tagliamo il fior di latte con una macchina esercitando quindi una pressione, senza dubbio il nostro fior di latte sarà tagliato uniformemente con lo spessore che desideriamo ma sarà privo di siero a causa della forza esercitata su di esso. Il risultato? Il fior di latte risulterà asciutto. Nel forno ad alte temperature, privo di umidità, il fior di latte diventerà di colore giallognolo a macchia di leopardo e la consistenza al palato sarà simile al chewing gum. Al contrario, se tagliamo manualmente il fior di latte alla julienne e lo mettiamo in eccesso sul disco di pasta, la margherita risulterà cruda al centro e non si gusteranno i sapori del San Marzano, dell’olio extravergine d’oliva e del formaggio.

Anche con la margherita con melenzane bisogna prestare la massima attenzione. Se friggiamo le melenzane in modo ottimale, le saltiamo in padella con il pomodorino del Piennolo e le serviamo come un semplice contorno , non ci sono particolari accorgimenti da dover prendere. Ma se le stesse melenzane le utilizziamo come farcitura per la pizza rischiamo che queste sembrino dei carboncini cotti. Per poter farcire una pizza con le melanzane è necessario cuocerle solo in parte, perché poi la cottura sarà ultimata nel forno.

Con la marinara poi è tutta un’altra storia. Rispetto infatti alla margherita bisogna aggiungere una quantità di pomodoro maggiore perché nella marinara c’è l’origano (ovviamente la quantità di origano non deve essere in eccesso altrimenti potrebbe risultare indigesto) che è un ingrediente essiccato, privo di quella umidità che invece troviamo nella mozzarella. Per lo stesso motivo sarà necessario aggiungere qualche goccia di olio in più rispetto alla margherita, senza ovviamente esagerare.

Forse qualcuno potrà pensare che si tratta di processi ovvi ma non è affatto così! La differenza è data  dalla conoscenza del prodotto,  dal pieno rispetto del suo utilizzo, dalla tecnica, dall’esperienza, dall’attenzione nel processo produttivo, dal ragionamento, dalle quantità in equilibrio e dalla passione.

Alcune persone ora mi diranno: “ma è una pizza! Quante storie!”

A queste persone rispondo con una frase di Gualtiero Marchesi che mi disse qualche anno fa: “Enzo dietro un piatto che per il cliente vale la pena ricordare vi è un pensiero”.