Premessa

… quando la pizza ricerca l’Università

La pizza è un prodotto della tradizione culinaria napoletana: anzi verrebbe da dire è la quintessenza dell’arte culinaria napoletana così come è stata tramandata e affinata nel tempo. A prima vista la pizza appare, agli osservatori poco attenti, quasi un prodotto banale: un disco di pasta lievitata, guarnito a piacere secondo l’estro del pizzaiolo, cotto per brevissimo tempo in un forno a riverbero alimentato a legna. La realtà è molto più complessa di quanto appare; la farina, l’acqua, il lievito e il sale sono fra gli ingredienti più comuni adoperati in cucina, tuttavia la loro natura, le reciproche interazioni e quindi il rapporto relativo e la sequenza temporale con cui vengono miscelati, influiscono in modo determinante sulle proprietà dell’impasto; il tempo, l’umidità e il modo stesso con cui vengono effettuate tutte le fasi della preparazione e della cottura si rifletteranno sulle caratteristiche della pizza: l’aspetto, l’aroma, il sapore e la sua stessa digeribilità. Basterà una piccola sfumatura, un dettaglio, un “segreto”, per far sì che un prodotto, tanto apparentemente semplice, diventi unico e contraddistingua un pizzaiolo dell’altro.

Il processo di lavorazione della “Pizza Napoletana” prevede poche fasi: la preparazione dell’impasto, la sua lievitazione; la preparazione e la formatura dei panetti, l’ottenimento del disco di pasta lievitato e la sua guarnitura, la cottura nel forno fatto di mattoni refrattari e alimentato a legna. Come tutte le attività artigiane, la preparazione della pizza segue uno schema ben definito, una sequenza di operazioni che dalle materie prime porteranno al prodotto finito. A differenza, però, dei prodotti ottenuti industrialmente, non è possibile codificare rigorosamente tutte le condizioni di processo: ciascun pizzaiolo, sulla base della propria esperienza, maturata nel tempo o appresa verbalmente, effettua le diverse operazioni in modo personalizzato e adatta le materie prime a queste condizioni o le condizioni alle materie prime di cui dispone al momento, in modo da ottimizzare le procedure e conferire al prodotto finale (pizza) quelle caratteristiche che ritiene ottimali. Così, ad esempio, il rapporto acqua/farina, il tempo e le modalità di impastamento, il tempo e la temperatura di lievitazione, possono variare da pizzaiolo a pizzaiolo. E non solo! Anche il momento in cui viene aggiunto il sale, la quantità di lievito che si adopera per formare l’impasto, il periodo di maturazione dei panetti ricavati dall’impasto e la loro temperatura di conservazione differiscono di quel tanto che serve a dare al prodotto finale un’impronta personalizzata. La stessa stesura dei panetti segue diverse varianti: alcuni stendono l’impasto con movimenti regolari dall’interno verso l’esterno, altri alternano rapide fasi di compressione ad altrettanto rapide fasi di stiro. Infine, la stessa cottura può differire da pizzaiolo a pizzaiolo: alcuni preferiscono, nei primi stadi della cottura, sottoporre la pizza a un intenso shock termico per poi proseguire la cottura in modo meno aggressivo; altri operano in maniera opposta preferendo, nella fase iniziale, una cottura meno vivace e poi completare la cottura della pizza con una intensa di somministrazione di calore finale.

Il risultato che si ottiene è molto variegato e tale da proporre ai consumatori pizze con una vasta gamma di sfumature e caratteristiche sensoriali differenti: alcune hanno il bordo più pronunciato, altre presentano una maggiore quantità di bolle, altre hanno bolle di maggiori dimensioni, alcune risultano più sazianti, altre meno, alcune più morbide altre più consistenti. Insomma verrebbe da dire: ce n’è per tutti i gusti e, forse, proprio questa infinita variabilità di caratteristiche sensoriali è stata la chiave del successo di questo prodotto della gastronomia napoletana, amato e imitato in tutto il mondo.

Visto il successo mondiale raggiunto da questo prodotto e il grado di eccellenza raggiunto dai maestri pizzaioli ormai presenti ovunque, anche al di fuori dal Paese dove questo, semplice ma delizioso, prodotto è nato e si è diffuso, viene da domandarsi perché lo si voglia osservare con il rigore dell’approccio scientifico. A un’attenta riflessione questa scelta non appare affatto strana. Se si vuole uscire fuori dai confini del folclore, dall’empirismo, dai luoghi comuni e dalle false credenze, il solo modo per farlo è comprendere il perché certi fenomeni si sviluppano in un modo piuttosto che in un altro, perché certe materie prime danno luogo a risultati e altre a risultati diversi, perché lievi differenze nella preparazione portano a pizze con certe caratteristiche sensoriali piuttosto che ad altre. Sapere cosa lega fra loro la composizione delle materie prime al comportamento dell’impasto, la struttura dell’impasto alle caratteristiche organolettiche della pizza è il solo modo per decidere come e quando intervenire per ottenere un risultato desiderato o correggere gli errori e avere così completa padronanza di un’arte sviluppata con la pratica nei secoli e che ha reso la Pizza un prodotto tipico frutto dell’esperienza dei pizzaioli napoletani.

Marino Niola

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