Una pizza per la Quaresima: scarola liscia o riccia?

di Enzo Coccia

L’ultimo giorno del Carnevale, come tutti sanno, viene definito martedì grasso. Quel giorno il pranzo è particolarmente abbondante: si comincia con la lasagna, poi si prosegue con le braciole di carne imbottite accompagnate con un vino Gragnano ruspante; ed infine come dessert si mangiano le chiacchiere, il sanguinaccio ed il migliaccio che sono dolci tipici del Carnevale. Per concludere il pranzo si consuma un liquore di noci di ben 53°alcolici.

Il giorno successivo comincia la quaresima che quest’anno si protrae fino al 29 marzo. Di fatti ho messo in carta, nelle rispettive pizzerie La Notizia, una pizza leggera e saporita ma che rappresenta una vera penitenza alla gola. Ho pensato all’utilizzo della scarola, una verdura che a Napoli viene preparata in vari modi.

La scarola, definita cichorium endivia, è di diverse varietà. Quelle più utilizzate nella tradizione gastronomica partenopea sono la scarola riccia e quella liscia preparate in una infinità di modi.

Del cibo pitagorico ovvero erbaceo per uso de’ nobili, e de letterati” di Vincenzo Corrado pubblicato nel 1781 è il primo testo a parlare della scarola riccia “indivia”. Egli scrive “L’indivia è un’erba buoniffima  per cibo, la quale è di varie pfecie, ma la più ftimata è quella ch’è bianca, e nel mezzo dimolte foglie folte e riccie” e ci tramanda varie ricette.

Questa è invece la mia ricetta per la pizza: piennolo giallo, olive nere, provola, baccalà tagliato sottilissimo e precedentemente dissalato, messo a crudo ed infornato. All’uscita si aggiunge la scarola riccia tritata finemente, un filo di olio extravergine d’oliva, bottarga di muggine e un pizzico di sale sui pomodorini. Una pizza bella da vedere e delicata da mangiare.

La scarola è talmente importante nella cultura gastronomica napoletana che la ritroviamo anche nella famosa canzone Michelemmà, composta nel 1600 e ripubblicata nel 1700 in una raccolta di Salvator Rosa che recita “È nata mmiez’o mare, Michelemmà, Michelemmà, oje na scarola”.

Effettivamente siamo in un mare di penitenza per la gola nel bel mezzo della Quaresima.