Pizza canotto: ma che significa?

di Enzo Coccia

Molte volte parlando tra di noi si usa l’espressione “ma non mi capisci? Parlo arabo?” quando l’interlocutore non riesce a comprendere il concetto che si vuole esprimere.

Diversi mesi fa, il giornalista Daniel Young di New York mi chiese cosa ne pensassi del nuovo modo di intendere la pizza “a canotto”. Immaginate il contesto: Io non parlo l’inglese, lui non parla l’italiano e tanto meno comprende il parlese napoletano dei pizzaioli.

Se partiamo dal significato di canotto, sin da quando ero piccolo, intendevo una piccola imbarcazione gonfiabile di materiale plastico o di tela gommata. Non avrei mai immaginato di definire uno stile di pizza con questa parola. Ho semplicemente dichiarato che per me è improprio nominare questa tipologia di pizza con questo vocabolo, ma non ho mai criticato la pizza in sé, in quanto la pizza napoletana è da sempre rappresentata da più stili di stesura. Inoltre, fino a stamattina non conoscevo nemmeno la parola BULLSHIT né il suo significato, me lo sono fatto spiegare da mio figlio, perché, come dicevo, non parlo inglese né Daniel Young italiano.

Stamattina scendendo da casa pensavo ad una possibile conversazione con la mia portiera Nunziatina: “stasera se venite in pizzeria e ordinate le pizze, come la preferite? A canotto?” Ovviamente la portiera settantenne mi risponderebbe “Enzo, ma che stai dicendo?”.

Dal punto di vista storico tradizionale vi erano dei quartieri nella città di Napoli che facevano pizze con stili differenti. Che significa? Alcune pizzerie ad esempio del Vomero (come Napoleone, Il ragno d’oro) ed alcuni ristoranti-pizzerie tendevano a preparare una pizza con il cornicione alto e di diametro inferiore (cioè il bordo esterno). Al contrario, nei quartieri popolari (Mercato Pendino, quartieri spagnoli, San Lorenzo Vicaria, Porto, etc) per dare l’impressione di realizzare una pizza più grande allo stesso costo si tendeva a stendere l’impasto finché il disco risultasse soffice e sottile. Le definizioni nel gergo dei pizzaioli erano “doppi e past” o “ a ruot e carrett” o “fin e scorz” o “fin e past”.

Lungi da me voler offendere o ledere la professionalità dei colleghi pizzaioli di Caserta e provincia e delle nuove generazioni di pizzaioli. Va bene preparare una pizza altamente idratata con un cornicione pronunciato, che è sintomo di digeribilità della stessa, ma definirla “canotto” è un’espressione impropria e banale.

Estrapolare una parola da un intero discorso senza aver chiaro il contesto e senza essere in possesso di  una fonte storico-culturale  e verificarne l’attendibilità va contro al principio giornalistico della fact-checking, termine giornalistico anglossassone che indica il lavoro di accertamento degli avvenimenti citati e dei dati usati in un testo o in un discorso.  Oggi nell’era digitale e dei social il lavoro di fact-checking è totalmente scomparso.

Mi avrebbe fatto tanto piacere se, prima di pubblicare il suo post, Pignataro, professionista che stimo e conosco da tanti anni, mi avesse contattato per un riscontro e per chiedermi cosa effettivamente avevo dichiarato a Daniel Young.

Alla Signora Nunziatina, la mia portiera, risponderei “l’importante è che stasera a pizz sia sapurita e bbon”.