Artigiani del cibo di strada: Enzo Coccia incontra il maestro Antonio Colimoro

di Enzo Coccia

Chiamo il mio amico fotografo Luciano Furia, gli dico: “domani alle 10 sono da te, ti porto a conoscere un vero artigiano”. Luciano abita in una delle più belle e antiche piazze di Napoli, San Domenico Maggiore.

L’appuntamento è sotto casa, ci prendiamo un caffè storico da Scaturchio in piazza e come due missionari ci incamminiamo. Attraversiamo tutta via San Biagio dei Librai, è una splendida giornata di sole, ma non fa caldo. Una folla di turisti invade Napoli con le guide che raccontano la loro storia della città. Scendiamo giù fino a via Forcella, poi tagliamo per via Pietro Colletta dove abitava mia nonna ed eccoci finalmente arrivati a via Annunziata dove c’è la minuscola bottega di Antonio. Rivedo Antonio Colimoro dopo tanti anni, classe 1953, bassino, con gli occhi azzurri come il mare che bagna Posillipo. Sono occhi che raccontano, che ti rassicurano ed ispirano una pace interiore ma nello stesso tempo trasudano una intelligenza arguta ed antica.

Antonio ama definirsi “lattoniere” da tre generazioni, quando lo chiamano “stagnaio” si arrabbia.

“Si tratta di un altro mestiere – dice Antonio – lo stagnaio è l’operaio che effettua saldature in stagno mentre io lavoro con lamiere metalliche d’alluminio o di rame e con semplici utensili e una normale piegatrice. Riproduco oggetti di uso comune nei locali napoletani, pizzerie, friggitorie e pasticcerie – continua Antonio con il suo racconto –  realizzo priciatelle (schiumarole), spillo o chiodo, vacante (colafritto), ruoti per i casatielli, agliare o Pizz ‘e olio (oliere in rame), pale, caccavelle (pentoloni grandi per friggere), scafarea (ampia scodella per la pasta cresciuta) fuconi e trepiedi (su cui poggia la pentola dove si frigge con sotto i bruciatori)”.

Io so perché Antonio resiste all’industrializzazione e alla globalizzazione: crea attrezzi di uso comune nei locali di ristorazione napoletani ma indispensabili; egli è inconsapevolmente custode, o meglio il guardiano, del tempio del cibo di strada.

Grazie Antonio che ci fai grandi con i tuoi attrezzi!